Andrate tra storia e natura

L’Amministrazione Comunale, ritenendo che per le sue caratteristiche fisiche, geomorfologiche e paesaggistiche, nonché per gli interventi realizzati sui sentieri, il territorio di Andrate si presti particolarmente alla pratica del Nordic Walking, nel 2007 ha istituito l’ANDRATE NORDIC WALKING PARK, considerandovi compreso l’insieme dei sentieri, delle mulattiere, delle carrarecce e delle strade pubbliche con qualunque fondo dell’intero territorio, al fine di poter promuovere tale disciplina, realizzando così la prima esperienza del genere in Italia al di fuori del Trentino Alto Adige.
artenatura2L’Andrate Nordic Walking Park fa parte del territorio dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea (AMI www.ecomuseoami.it), che racchiude 85 comuni distribuiti su oltre 600 kmq, allo sbocco della Valle d’Aosta (aree del Canavese, Biellese e Vercellese).
Generato durante l’Era Quaternaria dall’azione di erosione ed accumulo operata dal Ghiacciaio Balteo, imponente fiume di ghiaccio lungo circa 100 km ed alto circa 800 m proveniente dalle pendici del Monte Bianco, l’AMI rappresenta sicuramente uno dei sistemi morenici più estesi e meglio conservato al mondo e si compone di unità paesaggistiche omogenee quali le morene, le colline rocciose e la pianura.
Andrate è inoltre un punto di partenza dell’Alta Via dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea, sistema di itinerari di tipo naturalistico-sportivo per escursioni in mountain bibe, a piedi e cavallo che segue l’intero arco dell’AMI. La traccia principale va da Andrate -ai piedi del Mombarone- fino a Brosso (Valchiusella), ai piedi del Monte Gregorio. 

L’Andrate Nordic Walking Park offre percorsi per tutte le esigenze, da quelli più facili e pianeggianti a quelli più impegnativi, in una vera e propria palestra naturale che vi permetterà di diventare dei provetti nordic walker!
Il recupero dei Sentieri dei Formaggi , che collegano il centro di Andrate con la località San Giacomo, oltre a proporre un ecosistema ancora integro e di rara bellezza, ha avuto anche l’effetto di tramandare la memoria storica di un ambiente che oggi presenta un armonioso intercalare di boschi e radure mentre fino ai primi anni ’60 del secolo scorso era caratterizzato quasi esclusivamente da prati e pascoli. Un sistema foraggero ben organizzato, che vedeva da metà maggio ad ottobre la permanenza di oltre 100 persone e di un centinaio di vacche.
Un’economia autarchica, con un’alimentazione a base di latte, rotture di riso e di pasta e soprattutto di polenta. Le castagne e il burro erano barattate con la farina di mais degli agricoltori della pianura. Vista la numerosità delle famiglie e il ridotto numero di vacche allevate (generalmente da 2 a 5), il latte e gran parte del burro e dei formaggi veniva destinata all’autoconsumo, per cui la vendita del vitello ingrassato – di cui si tratteneva la sola trippa – costituiva sovente la maggior fonte di reddito.
Inoltrarci sui Sentieri dei formaggi significa ripercorrere le vie quotidianamente utilizzate nel passato dai margari e dai loro animali: con un po’ di attenzione potremo ancora cogliere i segni della loro presenza. Dal Casale della meridiana, antico edificio splendidamente ristrutturato alla cappella votiva del 1929 che incontreremo sul Sentiero verde -ne esistevano molte, ciascuna eretta da una famiglia e decorata da pittori locali- alle Cà veje, primi insediamenti risalenti al 1700, essendo gli altri datati agli anni 1880-1885. Da Vernej lungh, lungo canalone umido regno degli ontani (verne) e delle ajucche dove una pietra vicina al sentiero porta scolpita la data 1783, alla Malga dei balarin, che deve il nome al fatto che il sentiero era attraversato da un ruscello e per passare occorreva saltare da una pietra all’altra, a mò di ballerini.
Tra gli altri insediamenti vale la pena soffermarsi sulla Baita degli archi che, data la presenza di tre archi, si differenzia dalla caratteristica baita locale che prevedeva la cucina, la stalla, il fienile, il crutin per la conservazione dei formaggi ed un solo arco.
Vedremo poi le fontane, utilizzate per l’acqua per il consumo delle famiglie, per abbeverare il bestiame e per irrigare i pascoli: fontana della Peila, fontana dei balarin e fontana di Pian Giulietta. Ed eccoci, quindi, al Pian Giulietta – il cui nome pare derivare da un infelice amore di un margaro – e alla Conca delle felci (bura del feji), pascolo dove tradizionalmente venivano concentrate le pecore.
Raggiungeremo poi la Balma picà, conosciuta come la Grotta delle masche o Grotta delle streghe, dove i pastori trovavano rifugio durante i temporali, con accesso tramite gradini scavati nella roccia. La leggenda vuole che qui si incontrassero le streghe per ordire i loro infernali intenti, consumando una fumante polenta. Nei pressi incontreremo poi la falesia di Caslej, attrezzata a palestra di roccia per chi vuole cimentarsi nell’arrampicata. Infine, la vista che ci godremo dal punto panoramico della Peila e dall’adiacente postazione partigiana, splendidamente affacciata sull’arco alpino occidentale e sulla pianura canavesana, ci ripagherà della fatica compiuta per arrivare fin lassù.
Dall’area attrezzata di San Giacomo (da segnalare la Cappella di San Giacomo, risalente al 1888), ricca di boschi di aceri, faggi, frassini, ontani e betulle, con una camminata in alta quota in un ambiente alpino integro, con una meravigliosa vista panoramica che spazia per oltre 120 km fino alle Alpi Marittime e Cozie – sulle quali svetta il Monviso – raggiungeremo con il Sentiero alpino la Colma di Mombarone lungo il versante sud, salendo ai 2371 metri della vetta. Si risale il vallone del torrente Viona, superando le cave di quarzo abbandonate, attraversando grandi praterie alpine e passando accanto al delizioso laghetto alpino Pasci (2119 m). Oltrepassato il colle della Bocchetta (2186 m) si raggiunge il Rifugio Mombarone e, poco oltre, il monumento al Redentore e la vetta. La Colma rappresenta il culmine di tre dorsali montuose che danno origine a numerose varianti: ad occidente si trovano il Monte La Torretta (2179 m), il Monte Cavalpiccolo (2190 m) e il Monte Cavalgrosso (2227 m); ad oriente il Bric Paglie (1859 m) e a settentrione la punta Tre Vescovi (2347 m).
Tornando in basso, lungo il Sentiero arancione avremo occasione di apprezzare la purezza delle acque del torrente Viona, famoso per il gusto delicato delle sue trote e, con una breve digressione, di ammirare lo storico Ponte Raisach che costituiva nei secoli scorsi l’unica via di accesso al Biellese. Potremo poi visitare il Santuario di Santa Maria, eretto nel 1714 sui ruderi di un’antica chiesa di cui sono ancora visibili parti delle mura, con uno splendido campanile romanico. Rientreremo poi in paese, passando vicino alla vecchia fucina e potremo così scoprire la Cappella di San Rocco, eretta nel 1686, che si fa apprezzare per l’elegante architettura, mentre l’altare maggiore della chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli (1717) fa sfoggio di un discreto dipinto del 1843 di Augero da Verolengo; da notare l’iscrizione nel muro del coretto sinistro, a ricordo del celebre astronomo Padre Giovambattista Beccaria che nel 1762 effettuava da Andrate importanti osservazioni. Bello il campanile (1835), staccato dal corpo dell’edificio, dominante il centro storico.  

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